Non profit, italiani più generosi ma crollano donatori potenziali

  • 8 mesi fa
Milano, 29 set. (askanews) - "La ricerca che abbiamo fatto sul rapporto tra mondo profit e non profit, tra i donatori e il mondo non profit, ci ha dato delle indicazioni molto interessanti: la più importante è che i donatori sono sempre più donatori, cioè chi ha deciso in passato di donare continua a donare e sono leggermente cresciuti. Dall'altra parte, chi non dona continua a non donare, quindi abbiamo proprio due mondi ormai separati che bisogna provare a cercare di far incontrare. La donazione media, la ricerca ci dice che è aumentata, quindi i donatori italiani che già donano sono fedeli e hanno aumentato leggermente il loro contributo economico a favore delle cause sociali e delle organizzazioni non profit".A dirlo è Francesco Quistelli, amministratore delegato di Atlantis Company, azienda specializzata nella consulenza e nella comunicazione nel settore non profit, che ha realizzato una interessante ricerca sulle donazioni in Italia, che è stata presentata a Milano durante "Reinventing", l'appuntamento annuale dedicato al fundraising e alla corporate social responsibility. Rispetto alla rilevazione del 2019, i donatori abituali sono passati dal 17% al 19% e l'importo medio è salito da 51 a 62 euro (+ 21%), destinato principalmente a organizzazioni impegnate nella ricerca contro le malattie gravi, seguite da quelle attive nel contrasto alla povertà e nella tutela dell'ambiente. Contemporaneamente lo studio ha però evidenziato che il bacino dei donatori potenziali è crollato, attestandosi oggi sul 14%, dal 32% di quattro anni fa."Chi non dona, non dona perché non sente la fiducia, la necessaria fiducia nei confronti dell'organizzazione non profit" spiega Quistelli, aggiungendo che "quindi è un tema di relazione, un tema di costruzione di un percorso, una strada da fare insieme ai donatori, tra le organizzazioni di donatori, per costruire questa fiducia che consente poi alle persone di sentirsi serene nel dare contributi economici ma anche di tempo, nel fare attività di volontariato e quant'altro per le organizzazioni non profit. Il tema è quello della fiducia".Dallo studio emerge anche quanto l'impegno, trasparente e concreto, da parte delle aziende nel Terzo Settore possa fortemente condizionarne la reputazione, influenzando anche le scelte di acquisto. L'88,4% degli intervistati ritiene che sia dovere di un'azienda impegnarsi in ambito di responsabilità sociale, ma il 64% sottolinea che molte aziende usano l'impegno solo come facciata."Il rapporto tra le organizzazioni non-profit e il mondo profit, quindi le aziende, è un rapporto che è sempre più importante per le aziende, perché consente alle aziende di essere responsabili, quindi di avviare un percorso di responsabilità che è chiesto dai consumatori" prosegue il Ceo di Atlantis Company, evidenziando che "la ricerca ci dice che i consumatori sono più propensi ad acquistare prodotti di aziende che dimostrano la propria responsabilità sociale d'impresa, anche a un costo maggiore rispetto ad un altro prodotto". "Il problema è che i consumatori, anche in questo caso, hanno bisogno di fiducia, cioè non si fidano a priori delle aziende che dicono di essere responsabili ma bisogna provarlo e comprovarlo" continua Quistelli, concludendo "avviare un rapporto positivo tra mondo profit e mondo non profit è una strada ideale per costruire questa fiducia anche nei confronti dei consumatori e quindi degli acquirenti di prodotti e servizi delle aziende".

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