Covid: impatto ancora forte su salute pubblica e strutture
  • 11 mesi fa
Napoli, 3 mag. (askanews) - E' ancora forte l'impatto del Covid-19 su salute pubblica e servizi assistenziali, ma le conoscenze acquisite - condivise con la comunità scientifica - ci permettono una reazione più efficiente delle ricadute della pandemia passata e anche delle eventuali emergenze future. E' quanto è emerso dall'incontro di lavoro "Infettivologia all'ombra del Vesuvio, Covid-19 dalla A alla Z" che ha riunito a Napoli accademici, medici e esperti a livello internazionale."La pandemia non è finita - ha ammonito Nicola Coppola, direttore malattie infettive all'Università Luigi Vanvitelli di Napoli - Ricordiamo che abbiamo avuto in tutto il mondo 700 milioni di casi, e più di 7 milioni di morti. E nell'ultimo mese abbiamo avuto più di 8 milioni e mezzo di nuovi casi e circa 18.000 morti. Certamente non abbiamo l'emergenza e lo stress che avevamo gli anni precedenti, ma si tratta di un virus che continua a circolare, con cui dovremmo imparare a convivere. E contemporaneamente è un monito per la preparazione alla prossima pandemia".Obiettivo dell'incontro è stato la messa in condivisione delle esperienze fatte a diversi livelli di intervento e evidenziare quelle criticità ancora aperte, ma che vanno trasformate in risorse di conoscenza per una migliore gestione delle emergenze. "Abbiamo ritenuto opportuno riunirci a tre anni di distanza dallo scoppio della pandemia nell'idea che la diffusione delle conoscenze sia altrettanto importante come la creazione delle conoscenze - ha sottolineato Ivan gentile, docente di Malattie Infettive all'Università degli Studi Federico II di Napoli - Oggi la malattia è completamente diversa, potremmo dire che è 'costantemente diversa' man mano che le varianti ci creano nuove sfide, come se fossero altre malattie. Dobbiamo ancora imparare a capire quale sia la strategia vaccinale migliore; approfondire l'utilizzo dei farmaci monoclonali antivirali nei pazienti a rischio. Inoltre va affrontata la creazione del cosiddetto 'Covid 2.0' dove non devono più esistere reparti ghetto nei quali i pazienti vengono mandati per l'isolamento indipendentemente dalle priorità cliniche. Insomma oggi occorre ripensare alla strategia complessiva di gestione del Covid".Nel corso dei lavori è stato inoltre sottolineata la necessità di affrontare in modo più deciso e drastico la problematica dell'antibiotico resistenza, indicata come la 'vera grande pandemia del futuro prossimo': oggi in Italia, è stato ricordato, muoiono 11 mila persone all'anno per incapacità di reagire ai germi e alle infezioni correlate all'assistenza, cifra destinata a toccare nel 2050 i 30 milioni di decessi complessivi.
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